I filo-renziani per fatto personale | Arturo Diaconale

8 Dicembre 2017
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Ha perso i pezzi più pregiati prima ancora di nascere la mini-coalizione elettorale che Matteo Renzi avrebbe voluto realizzare legando al Partito Democratico il centro di Angelino Alfano affiancato per l’occasione da quello di Denis Verdini e la sinistra di Giuliano Pisapia.

Ha perso i pezzi più pregiati prima ancora di nascere la mini-coalizione elettorale che Matteo Renzi avrebbe voluto realizzare legando al Partito Democratico il centro di Angelino Alfano affiancato per l’occasione da quello di Denis Verdini e la sinistra di Giuliano Pisapia. Perché l’idea di legare il proprio destino alla sorte dell’attuale segretario del Pd ha prodotto la lacerazione contemporanea di tutti i soggetti che avrebbero dovuto far parte della mini-coalizione a guida renziana. Il partito del ministro degli Esteri è come la Britannia di Cesare: diviso nettamente in tre parti. Quella di destra interpretata da Roberto Formigoni che vuole il ritorno all’alleanza con Forza Italia, quella di sinistra rappresentata da Beatrice Lorenzin e da Fabrizio Cicchitto che preme per la conferma dell’intesa con Renzi e quella di Maurizio Lupi che per non dover scegliere da che parte stare dice di voler puntare a una corsa elettorale solitaria fuori da ogni coalizione. Il risultato è che Alfano ha gettato la spugna e si è ritirato in anticipo dalla prossima competizione elettorale.
Lo stesso vale per il Campo Progressista di Giuliano Pisapia. Dove Bruno Tabacci punta all’accordo senza se e senza ma con il Pd ma la maggioranza spinge per un’intesa con Pietro Grasso e “Liberi e Uguali”. Con la conseguenza che Pisapia si è visto costretto a uscire clamorosamente di scena ammettendo il proprio fallimento come federatore della sinistra e annunciando che con il Pd non c’è più alcuna possibilità di accordo. Al dramma dei primi due soggetti si aggiunge quello del terzo, cioè del raggruppamento di Verdini. Ma qui la faccenda perde ogni connotazione politica e diventa più concretamente e realisticamente una questione personale.
Ognuno, in sostanza, ha capito che bisogna salvare se stesso senza alcuna necessità di mascherarsi dietro ipocrite ragioni ideologiche, culturali o semplicemente morali. E si regola di conseguenza senza tanti clamori ma con tutta la riservatezza e la spregiudicatezza del caso.
La frantumazione di Alleanza Popolare e di Campo Progressista sembra preludere a una sorta di applicazione della cosiddetta concretezza verdiniana. La mini-coalizione di Renzi sembra essere destinata a diventare l’alleanza tra il segretario del Pd e i singoli centristi e progressisti decisi a tentare di salvare se stessi con candidature nei listini proporzionali. Insomma, il centrosinistra versione renziana è morto prima di nascere. E se per caso dovesse risorgere lo farà non per l’idea, ma per fatto personale!