Non è solo un atto personalistico quello compiuto da Alessandro Di Battista come vuole credere il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per cercare di minimizzare la vicenda. È il segnale che per tutta la durata di questo governo il Movimento Cinque Stelle si muoverà sempre e comunque su due piani. Quello del governo, con Luigi Di Maio misurato, dialogante, attento a smussare angoli e questioni per evitare rotture che potrebbero portare prima tempo ad elezioni devastanti per i grillini. E quello del Movimento dove spetterà a Di Battista polemizzare con le diverse componenti della coalizione governativa per tenere sempre viva la fiammella dell’identità di una forza politica che rischia di essere soffocata dall’abbraccio mortale con la sinistra.
È possibile che questo schema da poliziotto buono-poliziotto cattivo, con Di Maio che fa la prima parte e con Di Battista che recita la seconda, sia stato concordato dai due. Ma anche se il gioco non fosse stato predisposto è del tutto scontato che dovrà diventare il tratto distintivo del M5S per il resto della legislatura. Perché tenere in piedi il governo Conte è l’unica alternativa ad elezioni anticipate destinate a segnare il ridimensionamento drastico del fenomeno grillino. Ma avere qualcuno incaricato a mantenere in vita la natura anti-sistema del movimento è il solo modo per impedire che le future elezioni, quando si terranno, possano segnare non il ridimensionamento ma la totale scomparsa della forza politica fondata da Beppe Grillo e Davide Casaleggio.
Durante il governo giallo-verde il vertice del M5S non aveva alcun bisogno di assumere questo aspetto da Giano bifronte. L’esecutivo rappresentava il punto di equilibrio di due partiti alternativi tra di loro ma uniti dalla comune vocazione anti-sistema. Non c’era alcun bisogno del poliziotto buono perché tutti, a partire dall’allora vice presidente del Consiglio Di Maio, erano calati nella parte del poliziotto cattivo. Ma il governo giallo-rosso segna l’incontro bizzarro e totalmente anomalo tra l’M5S anti-sistema e la sinistra che ormai da più di due decenni ha scelto di essere l’espressione massima del sistema stesso e della sua casta. Per cui, se i grillini non vogliono apparire al loro elettorato come dei traditori della propria natura, è necessario che Di Battista (o chi per lui) esibisca in continuazione il volto guerresco di Giano in contrapposizione a quello pacificatore che ha le sembianze di Di Maio.
Conte se ne faccia una ragione. Questo (e molto altro) è il prezzo che paga al suo attaccamento alla poltrona di Palazzo Chigi!