Il dramma del Partito Democratico sul caso Boschi-Renzi-Giglio Magico è tutto nelle parole di Gianni Cuperlo: “Emerge che non vi sono state pressioni, tuttavia esiste un tema di opportunità e sensibilità”.
Nel Pd, in sostanza, tutti sono convinti che sul piano formale non esistano colpe da addossare a Boschi, Giglio Magico e a Matteo Renzi ma che sul piano sostanziale la loro posizione sia ogni giorno che passa sempre più difficile e sostenibile per quel problema di “opportunità e sensibilità” che sulla base della cultura dominante costituisce un peccato altrettanto grave di qualsiasi reato acclamato.
I dirigenti del Partito Democratico non si pongono nemmeno il problema di come e dove nasca la questione della opportunità e della sensibilità che trasforma il peccato del gruppo renziano di essersi interessati delle questioni del proprio territorio provinciale in un reato talmente grave da poter essere estinto solo con la fuoriuscita dalla politica. Sono talmente pervasi della cultura giustizialista che hanno entusiasticamente e ferocemente applicato per alcuni decenni nei confronti dei loro avversari esterni che non riescono a comprendere di essere diventati vittime dello stesso meccanismo perverso. E pur sapendo che l’applicazione di quel meccanismo è servito a fare piazza pulita degli avversari esterni, non si rendono assolutamente conto che la perversione è entrata al loro interno ed è destinata oggi ad indebolire la leadership renziana e domani a produrre lo stesso effetto su chiunque dovesse prenderne il posto.
Da fuori ci si può anche compiacere dello sfacelo che questo germe giustizialista sta provocando dentro un Pd che perde progressivamente e in maniera inarrestabile il ruolo di asse politico portante del Paese. In campagna elettorale è scontato che gli avversari del Pd cavalchino queste difficoltà. Ma chiunque abbia un minimo di buon senso non può non riflettere sulla circostanza che un fenomeno del genere porta all’autodistruzione di qualsiasi classe dirigente. O si compie una rivoluzione culturale ristabilendo la differenza tra peccato e reato o ci si arrende a una autodistruzione a cui non può non seguire altro che un gigantesco trauma sociale e uno sbocco tragicamente autoritario.