Il modello tedesco per il Pd di Renzi | Arturo Diaconale

21 Dicembre 2017
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Tutti i sondaggi indicano che il Partito Democratico di Matteo Renzi otterrà alle prossime elezioni un risultato molto simile a quello ottenuto dal Pd di Pier Luigi Bersani. La speranza dell’attuale segretario dei democratici di bissare il 40 per cento delle ultime elezioni europee è svanita da tempo. E c’è addirittura chi ipotizza che, se l’andamento della campagna elettorale non subirà una qualche inversione, Renzi riuscirà addirittura a battere il record negativo di Bersani.

Tutti i sondaggi indicano che il Partito Democratico di Matteo Renzi otterrà alle prossime elezioni un risultato molto simile a quello ottenuto dal Pd di Pier Luigi Bersani. La speranza dell’attuale segretario dei democratici di bissare il 40 per cento delle ultime elezioni europee è svanita da tempo. E c’è addirittura chi ipotizza che, se l’andamento della campagna elettorale non subirà una qualche inversione, Renzi riuscirà addirittura a battere il record negativo di Bersani.

Fare previsioni è sempre azzardato. Ma un dato è comunque certo. L’attuale segretario potrà anche scendere sotto la quota raggiunta dal segretario precedente. Ma il suo Pd risulterà comunque profondamente diverso da quello bersaniano. Negli ultimi cinque anni, infatti, la maggiore forza politica della sinistra ha cambiato il proprio Dna e, soprattutto, la propria struttura interna. Nessuno, per la verità, ha capito bene la natura del nuovo Dna. Se riformista, socialdemocratico, liberalsocialista. Ma è fin troppo evidente che dopo la presa d’atto del fallimento della fusione a freddo tra ex democristiani di sinistra ed ex comunisti e la conseguente fuoriuscita degli antirenziani della sinistra più radicale, il Pd ha perso la caratteristica di partito articolato e segnato da gruppi e componenti diverse e conflittuali dell’epoca bersaniana e ha assunto una forma più ristretta ma anche più marcatamente unitaria. Certo, a sostenere Renzi c’è anche Dario Franceschini ma la maggioranza del partito è strettamente controllata dal segretario. Che, avendo la possibilità di scegliere i prossimi candidati alle elezioni, non si lascerà sfuggire l’occasione di aumentare il più possibile l’area dei suoi fedelissimi.

Quali le conseguenze di un Pd più ristretto ma più legato al proprio segretario e alle sue fortune? La risposta è semplice. Sarà un partito meno subordinato agli schemi rigidi della sinistra tradizionale e più libero di muoversi secondo le necessità tattiche del proprio leader. Verso una coalizione di governo guidata da un esponente del centrodestra sul modello delle larghe intese tedesche? E perché no?