La prassi sbagliata di Di Maio e Renzi | Arturo Diaconale

elog20 Dicembre 2017
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Luigi Di Maio e Matteo Renzi sono convinti che i rispettivi partiti saranno i primi della prossima legislatura e che, grazie a questo ruolo, avranno dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il compito di formare il nuovo Governo.

Luigi Di Maio e Matteo Renzi sono convinti che i rispettivi partiti saranno i primi della prossima legislatura e che, grazie a questo ruolo, avranno dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il compito di formare il nuovo Governo.

La loro convinzione si basa sulla certezza che questa fosse la prassi consolidata della Prima Repubblica. Allora, sostengono il candidato premier dei Cinque Stelle e il segretario del Partito Democratico, l’incarico di formare il governo veniva assegnato al leader del partito di maggioranza relativa, cioè a chi aveva conquistato il maggior numero di voti alle elezioni. E, poiché il sistema proporzionale di oggi è molto simile a quello del passato, la prassi di allora dovrebbe essere applicata anche nella prossima legislatura. Di qui la competizione dichiarata tra Di Maio e Renzi per fare del proprio partito il primo del dopo voto di marzo.

Ma Di Maio e Renzi hanno una conoscenza schematica e superficiale di come funzionava il sistema della Prima Repubblica proporzionalista. I Presidenti della Repubblica di allora assegnavano il compito di formare il Governo al leader del partito di maggioranza relativa non solo perché era quello che aveva preso il maggior numero di voti alle elezioni ma era quello che aveva le maggiori possibilità di realizzare attorno al proprio asse la più ampia e solida coalizione di governo. Nella Prima Repubblica il ruolo di primo partito e di partito con maggiore possibilità di creare maggioranza coincidevano. La Democrazia Cristiana aveva questa doppia caratteristica. Anche perché i suoi dirigenti, da Alcide De Gasperi in poi, erano assolutamente convinti che il partito di maggioranza relativa fosse anche quello con maggiore capacità di alleanza e di coalizione.

Questa teoria, che poi è la semplice applicazione della regola secondo cui nei sistemi proporzionali governano esecutivi di coalizione, viene respinta da Di Maio, che rivendica come titolo di merito del proprio partito di non fare alleanze con qualsiasi altra forza politica. E non sembra far parte del Dna politico di Renzi, segnato dalla sua vocazione divisiva che lo isola e lo spinge a puntare sui vassalli piuttosto che sugli alleati.
Ma se i primi partiti non saranno in grado di dare vita a maggioranze di governo, perché mai il Quirinale dovrebbe dare l’incarico di formare un Esecutivo di coalizione a chi non vuole e non può realizzarla?