Il reddito di cittadinanza, questo sconosciuto | Arturo Diaconale

17 Dicembre 2018
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L’accordo è destinato ad essere raggiunto. Perché, come ha detto giustamente Romano Prodi, l’Unione europea è troppo debole per permettersi di far scattare una procedura d’infrazione nei confronti di uno dei Paesi fondatori. E L’Italia è in una condizione di pari se non maggiore debolezza per permettersi di puntare i piedi sfidando il rischio di un tracollo economico e politico.

Fatto l’accordo, però, tutti i problemi posti da una manovra scombinata ed avventurosa rimangono intatti. Primo fra tutti l’applicazione di quel reddito di cittadinanza di cui tutti parlano e di cui nessuno sa come potrà essere mai realizzato.

Sul reddito di cittadinanza si giocano visioni opposte della società italiana. Chi sogna la ridistribuzione egualitaria lo considera lo strumento più efficace per combattere la povertà e ridurre le differenze tra le diverse classi sociali. Chi punta ad uno sviluppo in grado di creare lavoro e benessere contesta l’assistenzialismo e teme che il provvedimento fortemente voluto dai Cinque Stelle serva solo a favorire il lavoro nero e a dare vita alla disoccupazione di Stato.

La discussione è interessante. Ma andrebbe preceduta da una valutazione realistica sulla fattibilità dello strumento scelto dai grillini per ridistribuire il reddito e combattere la povertà. È realizzabile il reddito di cittadinanza? Si può applicare alla questione lo stesso schema che i grillini sollevano per le grandi infrastrutture, quello dei costi e dei benefici?

In realtà anche questi interrogativi non possono essere sciolti. Perché i fautori dell’assistenzialismo diffuso si sono preoccupati di fornire una costruzione generica e teorica del provvedimento ma non hanno specificato chi, come, quando e perché dovrebbe usufruire dei soldi pubblici rendendo impossibile qualsiasi valutazione in proposito.

Ad oggi ogni esponente grillino espone una sua singolare versione della visione. C’è chi parla di 780 euro per tutti i cinque milioni di poveri ma non specifica quali dovranno essere i requisiti per riconoscere questi poveri. C’è chi riduce la cifra dei 780 euro per tutti coloro abbiano qualche altro cespite o un conto in banca di cinquemila euro ma non spiega come si fa a identificare cespiti e conti bancari. E c’è poi chi si imbarca in avventurose spiegazioni su come funzioneranno i centri d’impiego (ancora tutti da costruire) e sui meccanismi che i funzionari dei centri inesistenti dovranno gestire offerte di lavoro (al momento altrettanto inesistenti) ed elargizione di denaro ad aventi un diritto non meglio identificato.

Di che si parla, allora, quando si discute di reddito di cittadinanza? Di illusioni o di una stupida barzelletta?