Il Termidoro del processo a Salvini | Arturo Diaconale

21 Gennaio 2020
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La maggioranza giallorossa teme come la peste il risultato del voto amministrativo in Emilia Romagna ed in Calabria. E per evitare che Matteo Salvini potesse sfruttare a proprio vantaggio la decisione di mandarlo sotto processo per il caso della nave Gregoretti alla vigilia del 26 gennaio, ha deciso di disertare la riunione della Giunta per le immunità parlamentari del Senato offrendo al leader leghista l’occasione per ottenere il risultato propagandistico che avrebbe voluto evitare.

Il gioco delle parti effettuato dalla Lega e dal Pd e dal M5S è stato sicuramente surreale. Ma gli aspetti più singolari della vicenda non sono rappresentati dalla scelta dei leghisti di mettersi nei panni degli avversari e votare per il processo al proprio leader e da quella di grillini e democratics di rinviare a dopo il voto nelle regionali l’intento di mandare a processo Salvini con la speranza di eliminarlo per via giudiziaria.

Il primo aspetto è sicuramente quello contingente della paura di Conte, Pd e M5S per le imminenti elezioni. Una paura che lascia trasparire la sensazione che per l’attuale coalizione governativa la partita sia persa prima ancora di essere giocata e che il previsto risultato negativo in Emilia-Romagna ed in Calabria sia destinato a provocare una valanga capace di sconvolgere completamente l’attuale quadro politico nazionale.

Questo autentico terrore, fondato sulla consapevolezza che perdere in Emilia per il Partito Democratico sarebbe sconvolgente e che il movimento grillino uscirà in ogni caso a pezzi dalla tornata elettorale, è talmente potente da impedire ai vari Zingaretti e Di Maio di comprendere come la decisione di Salvini di puntare al processo per la Gregoretti prepari una partita politica addirittura più importante di quella delle prossime elezioni regionali. Il leader leghista sembra essersi convinto che sia arrivato il momento di lanciare una sfida decisiva al giustizialismo manettaro che ha dominato il paese dalla metà degli anni’90 ad oggi sfruttando la questione dell’immigrazione per chiamare l’intera opinione pubblica italiana a stabilire se la definizione della politica nazionale spetti ai rappresentanti del popolo scelti democraticamente dal corpo elettorale o se debba essere sempre e comunque delegata a pezzi politicizzati o corporativi della magistratura.

Ogni rivoluzione giacobina trova, presto o tardi, il suo Termidoro. Il futuro processo a Salvini può diventarlo!