Il “piove, governo ladro” è un’arma perfetta per chi sta all’opposizione, ma diventa uno strumento suicida per chi dalla protesta finisce al governo e deve spiegare ai suoi elettori che quando piove è colpa delle condizioni atmosferiche. Questa regola sta progressivamente dissipando la luna di miele che si era instaurata tra la coalizione governativa giallo-verde e la maggioranza dell’opinione pubblica del Paese all’indomani della nascita dell’Esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Le centinaia di imprenditori veneti che se la prendono con la Lega per non aver resistito alle suggestioni vetero-comuniste del Movimento Cinque Stelle presenti nel “Decreto dignità”, sono una spia fin troppo indicativa del passaggio dall’attesa benevola alla delusione incazzata in atto in alcuni settori importanti dell’elettorato leghista. Acconto a questo segnale che riguarda una parte significativa ma limitata dei sostenitori di Matteo Salvini, c’è poi un sentimento generale di preoccupazione che incomincia a serpeggiare nell’intera società italiana nei confronti di chi ha promesso il cambiamento e sta provocando e programmando la paralisi.
A suscitare questa crescente preoccupazione concorre sicuramente la scoperta che gli innovatori non sono tanto diversi da chi li ha preceduti. La lottizzazione di tutte le cariche pubbliche e para-pubbliche in atto provoca stupore e irritazione in un Paese educato dai nuovi governanti al “piove, governo ladro”. Vai a spiegare alla gente che la lottizzazione è lo strumento indispensabile per chi vuole governare così come la pioggia è la conseguenza inevitabile del cattivo tempo! La reazione di chi è cresciuto a pane e indignazione sarà sempre negativa. Ma c’è di più. Perché non ci sono solo gli ingenui di “onestà, onestà” a sentirsi colpiti. C’è, anche e soprattutto, la scoperta di larghissimi settori della società che la “cultura del no” del partito maggiore della coalizione rischia di provocare la paralisi e il regresso del Paese. Quando Luigi Di Maio e Danilo Toninelli annunciano che i lavori delle infrastrutture andranno avanti solo dopo il via libera delle comunità locali, accarezzano sicuramente il pelo ai loro elettori più ideologizzati. Ma non si rendono conto di comunicare agli italiani che la paralisi è iniziata all’insegna del principio che se non si fa nulla non si può neppure sprecare o corrompere.
Questa delusione montante non trova al momento alcuno sbocco politico vista la sostanziale inesistenza e inconsistenza dei partiti d’opposizione. Ma chi si illude che sia destinata a rimanere politicamente inespressa compie un grave errore. Presto o tardi (e la rapidità dei processi politici induce a pensare al presto) l’incazzatura troverà forma e rappresentanza e il “governo del no” dovrà farci i conti.