Non ha torto Luigi Di Maio quando dice che c’è bisogno di tempo perché la trattativa per il patto di governo sta producendo il ribaltamento dei riti della politica. In effetti passare dalla bocciatura del governo guidato da un tecnico ipotizzata dal Presidente della Repubblica all’idea di un governo politico guidato da un tecnico esecutore costituisce un autentico salto mortale senza rete nella prassi della politica nazionale. Ed è giusto che Sergio Mattarella conceda qualche giorno in più (oltretutto si allontana l’ipotesi del voto anticipato a luglio e si ripropone il governo di pausa fino ad ottobre o dicembre in caso di mancato patto M5S-Lega) per definire i dettagli del rivoluzionamento in atto dei riti della politica.
Ciò che Di Maio definisce rito, però, non è solo liturgia istituzionale ma è un vero e proprio cambiamento del ruolo istituzionale del Presidente del Consiglio dei ministri, cambiamento che avviene non con una riforma del sistema ma con una semplice forzatura politica.
Per la verità non si tratta di una grande novità. Solo che è una novità esattamente opposta a quella che si era realizzata durante il ventennio del bipolarismo in alternativa al sistema della Prima Repubblica e che, senza alcuna modifica costituzionale, aveva introdotto l’elezione diretta del Presidente del Consiglio istituendo di fatto il Premierato. Nei vent’anni passati il sistema rimasto formalmente parlamentare si era materialmente trasformato in un sistema presidenziale. La legittimazione del Premier veniva direttamente dal popolo. E anche se il Premierato di fatto spesso si scontrava con il neo-presidenzialismo, altrettanto di fatto, del Quirinale (soprattutto con Oscar Luigi Scalfaro e Giorgio Napolitano), il leader che vinceva le elezioni diventava il Presidente del Consiglio di un governo di cui era il dominus per volontà popolare.
Oggi, visto che né di Luigi Maio né Matteo Salvini possono diventare i dominus di un governo fondato sull’equilibrio tra due forze oggettivamente diverse e antagoniste, ecco che il capo politico del Movimento 5 Stelle chiede non solo l’abolizione del Premierato di fatto della Seconda Repubblica, ma anche il superamento del ruolo di primus inter pares del Presidente del Consiglio della Prima Repubblica. La sua proposta di ribaltamento istituzionale consiste nella creazione della figura del governo a guida dimezzata. Cioè di un Esecutivo presieduto da un tecnico senza legittimazione politica posto in una condizione di totale subordinazione rispetto ai leader dei due partiti del Patto di maggioranza.
È possibile che qualche professore senza storia politica possa essere tentato dalla proposta di fare il Presidente del Consiglio incaricato solo ed esclusivamente di spegnere la luce quando il Consiglio dei ministri finisce. Cioè di andare a Palazzo Chigi a fare il servitore di due padroni. Ma è augurabile che il Presidente della Repubblica si rifiuti di avallare una innovazione del genere. Perché così non si scrive la storia ma si fa solo della farsa!