La fermezza contro i veti di Di Maio | Arturo Diaconale

19 Marzo 2018
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Non c’è bisogno di citare Karl Popper per ribadire che non si può essere tolleranti con gli intolleranti. Perché ogni cedimento all’intolleranza, anche minimo, apre la strada ad altri e sempre più grandi e pericolosi cedimenti. Fino a provocare il trionfo dell’intolleranza sulla tolleranza e, con la fine della democrazia liberale, l’avvento di un regime totalitario non importa di quale colore.

L’intolleranza, quindi, va bloccata sul nascere. Senza titubanze, concessioni, prudenze di alcun genere. Il che significa, calando la regola alla situazione politica contingente, rispondere al veto posto dal capo politico del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio, all’ipotesi di eleggere presidenti delle Camere parlamentari “condannati” decidendo di non accettare alcun confronto o trattativa con chi pensa di aprire i tavoli stabilendo chi ci si può sedere e chi va respinto.

In sintesi, quindi, se i grillini pensano di trattare con i veti, nei loro confronti deve scattare il rifiuto di ogni trattativa. Per quanto riguarda il centrodestra, questo rifiuto dovrebbe essere condiviso da tutti i partiti della coalizione. E non per difendere Paolo Romani o Roberto Calderoli, che Di Maio vorrebbe escludere dalla corsa per la presidenza di Palazzo Madama per blandire Matteo Salvini e avere più possibilità di piazzare un proprio rappresentante alla presidenza di Montecitorio. Ma per salvaguardare un principio elementare in uno Stato di diritto. Quello secondo cui è solo la legge che stabilisce chi va escluso dalle cariche istituzionali. Non Di Maio, che pur essendo capo politico di un partito fondato da un pregiudicato, non impersonifica (almeno per il momento) alcun tipo di legge. Tanto meno quella inesistente che pretende di limitare i diritti, come negli Stati totalitari, per i cittadini titolari di diritto di voto attivo e passivo.

È possibile che sulla linea dell’intolleranza contro gli intolleranti Salvini possa avere qualche dubbio. In questo caso Forza Italia non dovrebbe avere alcuna remora a lasciare solo il leader della Lega a trattare con i grillini. Non a nome dell’intero centrodestra, ma a nome del suo solo partito. Se Salvini si vuole grillizzare si accomodi. A suo rischio e pericolo! Anche perché un bel giorno Di Maio potrebbe anche stabilire che chi veste le felpe non ha diritto di governare!