Carlo Cottarelli chiude o lascia? Giuseppe Conte può ripartire? Matteo Salvini o Giancarlo Giorgetti possono andare a Palazzo Chigi ricucendo il centrodestra o guidando un governo giallo-verde sostenuto da Fratelli d’Italia e appoggiato dall’esterno da Forza Italia? E Luigi Di Maio, ora che Alessandro Di Battista è partito per gli Stati Uniti, può tornare a fare il governista senza il timore di venire scavalcato dall’ala oltranzista del Movimento 5 Stelle?
Tutti questi interrogativi sono sul tappeto e attendono una risposta. Ma prima che queste arrivino c’è una diversa certezza di cui bisogna prendere atto e che riguarda gli effetti dei quasi novanta giorni di crisi. Qualunque governo potrà nascere dalla bagarre delle ultime ore dovrà fare i conti con la frantumazione dei rapporti e delle certezze del 4 marzo. La prima di queste frantumazioni riguarda il Quirinale, che ha subito una delegittimazione che non verrà sicuramente superata dal ripensamento del M5S sulla messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica e che costituisce una ferita istituzionale di gravissima entità. Sergio Mattarella ha compiuto sicuramente degli errori nella gestione della crisi, primo fra tutti quello di accettare il nome di compromesso di Giuseppe Conte e non pretendere che il governo del cambiamento venisse guidato dal capo dei partiti della coalizione più votato. Ma il tatticismo e le strumentalizzazioni di leader irresponsabili hanno trasferito sulla massima istituzione repubblicana il peso di questi errori. E il risultato è l’azzoppamento non di questo capo dello Stato ma del capo dello Stato della Repubblica parlamentare italiana.
Alla frantumazione del Quirinale corrisponde quella delle forze politiche. Il Movimento 5 Stelle esce con le ossa rotte dalla crisi ancora in atto. La spregiudicatezza di Luigi Di Maio ha portato i grillini a perseguire tutto e il contrario di tutto, dall’alleanza con la Lega a quella con il Partito Democratico, dall’aggressione a Mattarella un tempo osannato al ridicolo contrordine dell’offensiva contro il Presidente della Repubblica. Questa spregiudicatezza ha marchiato come del tutto inaffidabile il movimento grillino. Quanto peserà in termini elettorali questa inaffidabilità?
Lo stesso, almeno in parte, vale per la Lega. Che al momento appare come il partito che più ha guadagnato dalla crisi ma che paga questo guadagno con il rischio di aver incrinato lo schieramento di centrodestra, che lo ha reso vincitore il 4 marzo senza aver ancora consolidato il fronte populista con un M5S rivelatosi totalmente inaffidabile. Della frantumazione delle altre forze politiche è addirittura inutile parlare tanto appare evidente e drammatico.
E allora? Il pericolo che l’Italia faccia la fine della Grecia per totale frantumazione della propria classe politica è fin troppo incombente!