Il Governo appare unito e compatto sulla linea delle massima fermezza contro le provocazioni delle navi Ong. Luigi Di Maio e Danilo Toninelli fanno a gara nel ribadire che nella vicenda passata della “Diciotti” ed in quella presente della “Sea Watch” la posizione di Matteo Salvini non è stata e non è personale ma ha rispecchiato e rispecchia quella dell’intero governo. Come a dire che se si vuole chiamare in giudizio il ministro dell’Interno contestandogli il sequestro di persone per i migranti della “Diciotti” si debbono chiamare in giudizio tutti i componenti dell’Esecutivo, Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in testa, per lo stesso reato contestato al responsabile del Viminale.
Questa compattezza svuota di ogni significato l’ipotesi di una crisi di governo sulla linea dura per l’immigrazione. E spiega il silenzio del Presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico, che deve essere stato prontamente informato come l’esigenza di non aprire una crisi al buio sia mille volte più importante di qualsiasi ispirazione umanitaria.
Tanta unità, però, mal si concilia con l’annuncio dei giorni scorsi di Luigi Di Maio sulla decisione del Movimento 5 Stelle di votare a favore dell’autorizzazione a procedere contro Salvini in Senato e della scelta dello stesso ministro dell’Interno non solo di non annunciare la propria disponibilità a salire alla sbarra ma anche di chiedere all’Assemblea di Palazzo Madama di respingere la richiesta del Tribunale dei Ministri di Catania.
È fin troppo evidente la contraddizione tra il Governo che rivendica la propria compattezza sulla linea della fermezza ed il movimento grillino che annuncia di votare contro Salvini e contro se stesso. Ma non stupisce affatto. Perché l’evidente schizofrenia dei comportamenti tra il governo, i suoi principali esponenti e le sue componenti politiche sembra essere diventata la cifra caratterizzante dell’attuale quadro politico. Ognuno va per la sua strada alla ricerca, ossessiva e quotidiana, di visibilità personale. Nella certezza che tanto tutto si tiene grazie all’assenza di una alternativa possibile al patto giallo-verde. Per cui, come capita che la ministra della Difesa annunci il ritiro del contingente italiano dall’Afghanistan senza avvisare il ministro degli Esteri, può tranquillamente avvenire che i grillini votino per l’autorizzazione a procedere contro Salvini dopo aver fatto quadrato attorno alla linea del responsabile del Viminale.
Doveva essere il “Governo del cambiamento”. Pare la fiera delle vanità degli squilibrati!