Le devastazioni politiche del coronavirus | Arturo Diaconale

2 Marzo 2020
diaconale2marzo2020.jpg

Ora si calcolano gli effetti del coronavirus sull’economia nazionale e si deve prendere atto che l’epidemia ha provocato danni enormi ingigantiti dalla psicosi collettiva causata inizialmente anche dal comportamento dissennato delle massime autorità istituzionali.

Il governo pare convinto che per porre rimedio a tali guasti non serva altro che premere su Bruxelles ed ottenere il via libera allo sforamento dei vicoli di bilancio. Ma concentrare l’attenzione solo sull’autorizzazione ad aumentare il debito non solo serve a rinviare nel tempo un problema che andrebbe affrontato con riforme strutturali a partire dalla riduzione generalizzata della pressione fiscale. Rischia di aggiungere alla psicosi sanitaria anche quella economica inducendo un governo, che già appare geneticamente portato alla sottovalutazione dei problemi, ad immaginare che grazie al coronavirus si possa spostare ad una data più lontana possibile la sequela delle questioni politiche che stanno emergendo in questa fase tempestosa.

Al primo posto di questo inquietante elenco c’è la verifica della coalizione giallorossa. Il Premier Conte ha facile gioco nel rilevare che le due emergenze sanitaria ed economica rendono impossibile operare immediatamente un confronto serio sulla tenuta del governo. Nel frattempo, però, si avvicina il momento in cui il referendum sul taglio dei parlamentari provocherà un cambiamento epocale nella rappresentanza politica del paese ed un danno incalcolabile alla credibilità ed alla autorevolezza al potere legislativo dello stato di diritto. E si deve prendere atto che nella disattenzione generale imposta dalla psicosi dell’epidemia sono state introdotte norme che di fatto cancellano i diritti individuali dei cittadini ed introducono nella Repubblica Italiana il sistema Stasi del vecchio regine comunista e totalitario della Germania dell’Est.

Non è accettabile che con la scusa del coronavirus la democrazia liberale italiana venga picconata alle sue basi. Ma è altrettanto inaccettabile che l’epidemia diventi il pretesto per non affrontare alcune questioni di politica estera di vitale importanza per il nostro paese. Prima fra tutte quella libica diventata, grazie soprattutto alla totale assenza dell’Italia, una partita esclusiva tra turchi e russi.

Tra le devastazioni che la fine dell’epidemia lascerà da affrontare, dunque, non ci sarà solo un sistema sanitario da rigenerare ed una economia da rilanciare ma anche una democrazia da salvare ed un ruolo internazionale del paese da recuperare.

È bene saperlo per tempo. Perché arriverà il momento di stabilire chi ha sbagliato e deve pagare e chi avrà il compito di salvare il salvabile!