L’Italia dei due centri diversi | Arturo Diaconale

29 Marzo 2018
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È giusta la considerazione che le elezioni dello scorso 4 marzo hanno dimostrato il declino del cosiddetto centro. Ma è sbagliata la previsione che presto o tardi questo “centro” potrà ricostruirsi se troverà un leader alla Emmanuel Macron in grado di mettere insieme i pezzi non attratti dalla Lega e del M5S di Forza Italia e del Partito Democratico.

È giusta la considerazione che le elezioni dello scorso 4 marzo hanno dimostrato il declino del cosiddetto centro. Ma è sbagliata la previsione che presto o tardi questo “centro” potrà ricostruirsi se troverà un leader alla Emmanuel Macron in grado di mettere insieme i pezzi non attratti dalla Lega e del M5S di Forza Italia e del Partito Democratico.

L’errore non nasce solo dalla considerazione che il macronismo all’italiana dovrebbe mettere insieme Silvio Berlusconi e Matteo Renzi in una sorta di riedizione di quel “Partito della Nazione” che è già stato abbondantemente bocciato dal corpo elettorale. Errare in continuazione non è diabolico, ma demenziale. E riproporre ancora una volta uno schema più volte fallito servirebbe esclusivamente a tornare a rinnovare il fallimento. Ma l’errore ha anche una seconda motivazione.

Nella storia della Repubblica il cosiddetto “centro” non è mai stato un blocco unitario, ma un organismo perennemente diviso. Anche nei lunghi decenni dell’egemonia democristiana, in cui lo scudo crociato copriva unitariamente l’area centrale dello schieramento politico, c’era un centro della Democrazia Cristiana che guardava a sinistra e lavorava per allargare alla sinistra, quella che Aldo Moro definiva l’area democratica, e c’era un centro che senza indirizzarsi apertamente dalla parte opposta cercava di rappresentare le parti più moderate della società italiana.

Il dualismo del centro democristiano si è riprodotto in maniera addirittura dichiarata durante gli anni del bipolarismo. Quelli, appunto, del polo di centrodestra e del polo di centrosinistra. Due centri non solo separati e concorrenti ma addirittura segnati da una differenza ideologica di fondo, da una parte il centro liberal-sturziano del meno Stato e dall’altro quello dossettiano del più Stato.

Questi due centri si potrebbero mai mettere insieme? Tutto è possibile, ma a una sola condizione. Che il centro della sinistra rinunci allo statalismo e diventi liberale. Ipotesi, al momento, molto lontana dalla sua attuazione pratica.

Nel frattempo, però, non sarebbe affatto male se i due centri incominciassero a organizzarsi ognuno per conto proprio. Forza Italia per diventare un partito in grado di affiancare il proprio leader non come comitato elettorale ma come organismo radicato nel territorio. I renziani del Pd per definire una identità che non può essere solo quella post-Margherita di un leader attento solo alla comunicazione di se stesso, e trovare una originalità di pensiero rinunciando una volta per tutte all’eredità dossettiana. Organizzati, i due centri potrebbero dialogare. Disorganizzati, invece, possono solo subire le iniziative degli altri partiti.