Matteo Salvini tocca oggi con mano, come San Tommaso, la totale inaffidabilità del proprio alleato di governo. Che lo ha sostenuto sul caso “Diciotti” dopo aver considerato che andare alla crisi di governo sulla questione dell’immigrazione avrebbe fatto un enorme favore al leader della Lega. Ma che ha rispolverato il giustizialismo delle origini e lo ha indirizzato contro il proprio ingombrante alleato di governo nel tentativo di ribaltare i sondaggi che danno il Movimento Cinque Stelle penalizzato alle prossime elezioni europee. La politica, si sa da Svetonio e Machiavelli, è cinica ed utilitaristica. Ma c’è un limite alla strumentalità. E questo limite è stato abbondantemente superato da Luigi Di Maio e dal gruppo dirigente grillino ossessionato dal timore di perdere dieci punti alle Europee e di venire successivamente contestati duramente da Davide Casaleggio e dai propri militanti imbesuiti da Rousseau.
Dalla propaganda grillina, affiancata per demenza senile da quella di una sinistra incapace di capire che attaccando il leader della Lega il M5S svuota il bacino elettorale del Partito Democratico, Matteo Salvini è stato prima bollato come un erede di Benito Mussolini ed ora, dopo il caso Siri e l’ennesima Tangentopoli lombarda, come il capo di un partito di corrotti e di delinquenti comuni.
Insomma, ce ne sarebbe a sufficienza per mandare all’aria il patto ed aprire la crisi del governo. Tanto più che mancano appena due settimane e mezzo alla data delle elezioni europee. E solo ribaltando il tavolo con gli alleati inaffidabili Salvini può sperare di invertire per tempo il calo di consensi che i sondaggi incominciano ad attribuire al suo partito a causa dell’eccessiva arrendevolezza nei confronti della paranoia strumentale ed utilitaristica di Luigi Di Maio e compagnia.
Fino ad ora l’appuntamento con il voto ha giustificato la prudenza salviniana. Ma gli incendi dei pozzi petroliferi si spengono facendo detonare grandi quantità di esplosivo. E se Salvini non vuole subire fino in fondo lo stesso processo di criminalizzazione toccato a suo tempo a Silvio Berlusconi ed in precedenza a Bettino Craxi ed a tutti i leader democristiani del secondo dopoguerra, non ha altra strada che dare fuoco alle polveri.
E dopo? In politica c’è sempre un dopo. Anche sotto forma di governo tecnico destinato a preparare le elezioni anticipate in autunno o nell’anno prossimo!