La Rai e la vulgata qualunquista | Arturo Diaconale

24 Maggio 2017
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Adesso la vulgata favorevole ad Antonio Campo Dall’Orto sostiene che la bocciatura del piano sull’informazione è stato solo un pretesto dietro il quale si è nascosto l’obiettivo di riportare la Rai sotto il tallone della politica.

Con il risultato, aggiunge la stessa vulgata alimentata dai media che cavalcano il populismo qualunquista, che l’azienda radiotelevisiva di Stato, con la bocciatura del suo direttore generale e amministratore delegato, viene paralizzata a causa dell’ingorda ingerenza dei partiti e dei loro referenti. È normale che il Dg-Ad sfiduciato dal Consiglio d’Amministrazione si aggrappi a questa versione per uscire di scena nel miglior modo possibile. Ma è decisamente bizzarro che ad avallare questa tesi sia chi è stato messo al vertice di viale Mazzini dal Governo e non possa ignorare che il Consiglio d’Amministrazione con cui si è misurato durante quasi due anni ed è stato sfiduciato sul piano dell’informazione sia il frutto di una elezione parlamentare. La politica non è rientrata nella Rai per la semplice ragione che non ne è mai uscita. E non avrebbe potuto neppure farlo visto che una legge di riforma ha attribuito al Governo il ruolo di editore di riferimento dell’azienda radiotelevisiva pubblica dotando il Dg-Ad, sua espressione diretta, di poteri molto più ampi rispetto al passato. Questa legge, poi, non ha per nulla cambiato la fonte di legittimazione e di elezione del Cda, che è rimasto sempre il Parlamento ma si è limitata a stabilire un nuovo meccanismo per l’elezione dei consiglieri rinviandone l’applicazione a metà del 2018, cioè a scadenza dell’attuale consiliatura. Campo Dall’Orto, quindi, non è venuto da Marte ma direttamente dalla Leopolda. Così come i consiglieri non sono spuntati da sotto un cavolo ma dalle indicazioni dei partiti rappresentati in Parlamento. Tutto questo non è un male, un abominio, una scelleratezza, come vorrebbero far credere i qualunquisti populisti e i sostenitori dello sfiduciato direttore generale della Rai. Ma è solo e soltanto la conseguenza di regole democratiche che potranno essere anche imperfette ma che non hanno ancora trovato un’alternativa migliore e rispettosa della volontà del corpo elettorale. È la democrazia! E va difesa perché non c’è di meglio!