Chiunque abbia conosciuto Pinuccio Tatarella, di cui si celebra il ventesimo anniversario della scomparsa, ha un ricordo particolare, un aneddoto, una storia, una osservazione non solo rispettosa ma sempre e comunque affettuosa nei confronti del “ministro dell’armonia” degli anni difficili dell’avvento del bipolarismo della Seconda Repubblica.
Anche io lo potrei ricordare citando episodi, aneddoti, storie di uno dei personaggi di maggiore qualità politica ed umana che ho avuto l’onore ed il piacere di conoscere e frequentare nel corso della mia attività professionale. Ma credo che, per quanto mi riguarda, il modo migliore per ricordarlo e celebrarlo non sia quello dell’esibizione delle memorie personali che rischiano di relegare in un qualche ripostiglio del passato la sua esperienza umana e politica, ma quello dell’analisi di quanto il pensiero e l’azione di Pinuccio Tatarella siano più che mai attuali in una fase politica così diversa da quella della fine del secolo scorso.
Apparentemente quel pensiero e quell’azione possono apparire una sorta di reperto archeologico. L’armonia nel tempo degli insulti? L’arte della mediazione nell’epoca delle posizioni tagliate con l’accetta della intolleranza? Il bipolarismo dell’alternanza nella fase del moderno compromesso storico tra forze alternative ed antagoniste come Lega e Movimento Cinque Stelle? E, soprattutto, l’idea di una destra capace di affrancarsi dall’eredità del neofascismo della prima fase del secondo dopoguerra nel momento in cui le uniche due destre presenti paiono essere quella sovranista e quella populista accusate dagli avversari di essere una sorta di riedizione adeguata ai tempi del passato?
In realtà, mai come in questo momento si avverte l’attualità incredibile del ritorno all’armonia, della ripresa dell’arte della mediazione, della fine dell’intolleranza, del ritorno dell’umanità nei rapporti politici e di una conclusione del neo-compromesso storico con la riproposizione di una nuova democrazia dell’alternanza. In questa prospettiva diventa ancora di più attuale l’idea di Tatarella di una destra sicuramente ancorata all’interesse nazionale ed alla identità imposta dalla storia bimillenaria del Paese, dell’Europa e dell’Occidente ma anche proiettata oltre i propri antichi confini e capace di rappresentare non le rabbie ma gli interessi e le necessità della maggioranza del Paese.
Se Tatarella fosse vivo, così come feci all’epoca dell’“Oltre il Polo”, gli proporrei di tenere a battesimo la Destra Liberale!