Una assoluzione che condanna il M5S | Arturo Diaconale

12 Novembre 2018
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Il giudice monocratico ha bocciato la tesi della Procura di Roma secondo cui la sindaca Virginia Raggi avrebbe mentito sulla vicenda Marra per sfuggire ad un procedimento giudiziario che l’avrebbe esposta ai rigori dello statuto interno del Movimento 5 Stelle, cioè all’obbligo di dimissioni in caso di condanna. Ma la bocciatura non esclude affatto che la tesi possa essere declinata in senso opposto ed avere un significato politico fin troppo convincente. Quello secondo cui sono le regole troppo severe dello statuto interno del movimento grillino a mettere in condizione gli amministratori locali o a mentire o ridurre al massimo le attività di competenza per non incorrere in procedimenti giudiziari destinati a costringerli a dimettersi dai propri incarichi.

La tesi poggia sulla constatazione che per ogni amministratore locale, non solo grillino ma di qualsiasi altro partito, il rischio di subire iniziative da parte delle Procure o dell’Anticorruzione è altissimo. Esistono fattispecie di reati, ad esempio quello di abuso d’ufficio, in cui un sindaco o un assessore può incorrere senza neppure accorgersene. Può essere, come è accaduto a Virginia Raggi, che i procedimenti si concludano con delle assoluzioni. Ma durante le fasi processuali i danni mediatici per gli indagati sono sempre pesanti con forti ricadute politiche negative. Per cui, di fronte al doppio rischio di anni ed anni di gogna e di fango e della eventualità di essere obbligati alle dimissioni, la tendenza naturale degli amministratori grillini è di ridurre al massimo le occasioni di pericolo. In questo modo, come è stato il caso di Roma per due anni di seguito, si produce una paralisi amministrativa che scarica i suoi danni sull’intera cittadinanza.

A fare le spese del giustizialismo ottuso presente all’interno del Movimento Cinque Stelle, dunque, sono le città amministrate da sindaci grillini. Che per non essere vittime del rigore giacobino del proprio partito condannano i cittadini a vivere in aree urbane sempre più degradate. Gli elettori, ovviamente, hanno sempre la possibilità di far pagare ai giacobini autoparalizzati il costo dei loro comportamenti bocciandoli negli appuntamenti elettorali. Ma nel tempo che passa da una elezione all’altra si provocano danni pesanti. Che vengono pagati sempre e comunque dagli italiani.

In questa luce l’assoluzione della Raggi è la condanna del Movimento. Che è vittima del suo stesso giacobinismo, come sempre capita in questi casi.