La Lega e il partito unico del centrodestra | Arturo Diaconale

3 Settembre 2018
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Non si era mai visto che un partito dovesse cambiare il proprio nome non a causa del fallimento della propria cultura politica, ma per iniziativa della magistratura ordinaria. Con la Lega, a rischio di chiusura per il sequestro dei conti bancari su cui la Corte di Cassazione si dovrà esprimere nei prossimi giorni, è possibile che il fenomeno inedito si realizzi. Il ché non stupisce ma dovrebbe preoccupare. Perché è vero che la magistratura ha l’obbligatorietà dell’azione penale e non può non dare seguito alle denunce, ma è altrettanto vero che quando la giustizia condiziona la vita politica di un Paese fino al punto di provocare il cambio di nome e la trasformazione di una formazione politica presente in Parlamento, il potere giudiziario invade pesantemente il terreno del potere legislativo e manda automaticamente all’aria l’equilibrio dello stato di diritto. Non hanno nulla da dire a questo proposito i presidenti delle due Camere?

È probabile che i tempi di questa trasformazione imposta dai Tribunali non siano rapidi. E che tra appelli e approfondimenti meditati della Cassazione non si arrivi a decisioni drastiche e immediate. Ma intanto già si ipotizza che il piano B della Lega nel caso di cambio di nome potrebbe essere l’iniziativa per un partito unico del centrodestra e si cerca di capire se un’operazione del genere sarebbe non solo possibile ma anche positiva.

In realtà una discussione del genere andrebbe esclusa in partenza. Qualunque iniziativa politica dettata non da condizioni oggettive ma da un atto giudiziario sarebbe destinata a fallimento certo. I partiti non sono società per azioni che si possono incorporare o fondere a seconda delle necessità. Rappresentano interessi, pulsioni e aree culturali che fotografano le diversità esistenti all’interno della società. Queste diversità possono avere dei minimi comuni multipli e provocare alleanze e accordi tra le forze politiche. Ma non si possono mescolare perché la loro unione darebbe una somma elettorale inferiore a quella della somma matematica dei rispettivi risultati elettorali e innescherebbe un processo di spaccatura e lacerazione all’interno delle singole formazioni.

Il partito unico del centrodestra, quindi, è una ipotesi astratta da cancellare. Può essere evocata da chi sogna che la Lega fagociti Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma chi punta a creare maggioranze capaci di conquistare la guida del Paese sa bene che uno schieramento ampio è mille volte meglio di un partito unitario ma minoritario in Parlamento.