Per accendere un minimo di entusiasmo per la corsa a tre verso la segreteria del Partito Democratico è dovuto scendere in campo anche Romano Prodi con un appello al popolo della sinistra a recarsi a votare ai gazebo delle primarie di domenica prossima.
Ma è molto improbabile che l’intervento dell’ex Presidente del Consiglio possa convincere i simpatizzanti del Pd ad accorrere in massa ai seggi per scegliere chi, tra Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti, dovrà assumere il ruolo di segretario del Partito Democratico. Non solo perché Prodi è visto come un personaggio di una stagione politica ormai lontana nel tempo. Ma soprattutto perché nel cosiddetto popolo della sinistra si è ormai radicata la convinzione che, prima di poter ritornare ai fasti della stagione impersonificata da Prodi, il Pd dovrà toccare un fondo ancora non raggiunto. A tenere lontani dai gazebo simpatizzanti e militanti c’è la sensazione che la scelta del nuovo segretario, chiunque esso possa essere, non rappresenterà il momento dell’inversione della parabola discendente del partito ma solo una tappa di un processo di declino condannato a vivere altre ulteriori tappe di caduta libera prima del rimbalzo auspicato da Prodi.
Questa sfiducia poggia sulla previsione assolutamente fondata che chiunque uscirà vincitore dalle primarie dovrà fare i conti con il “convitato di pietra” costituito da Matteo Renzi e da quello che l’ex premier rappresenta all’interno della sinistra italiana.
La questione è personale. Perché Renzi è giovane e non ha alcuna intenzione di uscire prima del tempo di scena. Ma è soprattutto una questione politica. Perché Renzi rappresenta una componente della sinistra che ha assunto una identità diversa da quella tradizionale che la proietta in una posizione sempre più distinta e lontana dalle altre. Renzi non è solo l’erede della sinistra democristiana fondatrice del Pd insieme agli eredi del Partito Comunista. È l’espressione di una evoluzione riformista di quella sinistra scudocrociata che ha imboccato nel corso degli anni una strada addirittura alternativa a quella della componente post-comunista del Pd. E che presto o tardi non potrà non liberarsi dai legami del passato.
Per questo il popolo della sinistra non affollerà i gazebo. Aspetta, giustamente, che il dramma della inevitabile separazione si concluda.