“Capitale corrotta, nazione infetta”. L’inchiesta su “L’Espresso” realizzata da Manlio Cancogni a metà degli anni Cinquanta denunciava le gravissime conseguenze morali e politiche della grande speculazione edilizia che, in nome dell’esigenza di dare una abitazione alle masse affluenti dalle campagne a Roma, aveva trasformato la Capitale in un immenso cantiere aperto di malaffare e di aberrazioni edilizie. Allora, neppure Cancogni se ne rendeva conto. Ma il fenomeno della “Capitale corrotta” per la speculazione edilizia selvaggia infettò effettivamente l’intero Paese provocando in tutta la penisola la moltiplicazione incontrollata di una edilizia di rapina che nel corso dei decenni ha stravolto forse per sempre il volto del territorio nazionale.
Oggi può avvenire che l’infezione della Capitale provochi una corruzione generalizzata di tutte le altre città italiane. Il caos-rifiuti non è un episodio locale, dovuto all’inconsistenza di una amministrazione incapace di sopportare il peso dell’eredità perversa delle precedenti amministrazioni, ma rischia di essere un modello in negativo capace di infettare e corrompere il resto del Paese. Il caos-rifiuti è un dramma ed un problema nazionale. Non solo perché l’immagine di una Capitale incapace di mantenere un minimo di decoro e pulizia diventa fatalmente, agli occhi del resto del pianeta, l’immagine complessiva di un Paese privo di decoro e di dignità. I governi di Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna o di qualsiasi altro Paese europeo lascerebbero mai far girare per il mondo l’immagine di Parigi, Londra, Berlino o Madrid devastata come quella di Roma? Ma soprattutto perché a provocare la devastazione della Capitale non c’è solo l’eredità del passato e l’inefficienza e l’incapacità del presente, ma anche la scelta ideologica di chi rifugge dalla realtà per richiudersi nei sogni dell’utopia irrealizzabile.
In questo il modello del caos-rifiuti romano può diventare il modello negativo per gran parte del resto d’Italia. Quella dove la cultura del “no” a qualsiasi progetto di innovazione pratica prevale in nome dell’ideologia declinista del giustizialismo grillino.
Ed è per questo che il problema di Roma non può essere un problema solo di Virginia Raggi e di Nicola Zingaretti, ma deve essere prima di tutto un problema del governo nazionale. A partire da un ministro dell’Ambiente non pervenuto ad un Presidente del Consiglio che ama le missioni all’estero senza rendersi conto di esportare il volto sfregiato della sua Capitale e del suo Paese.