Il cambiamento che non cambia | Arturo Diaconale

3 Dicembre 2018
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Non c’è alcun dubbio che la trattativa tra l’Unione europea ed il Governo giallo-verde italiano sulla manovra sia destinata a concludersi positivamente. L’Europa non ha alcuna intenzione di forzare la mano nei confronti di uno dei Paesi fondatori ed il nostro Governo vede come la peste l’ipotesi di una procedura d’infrazione che lo metterebbe in seria difficoltà soprattutto in vista di una crisi economica niente affatto superata.

Può essere che il punto di caduta sia il 2 per cento indicato dal ministro Giovanni Tria. Ma la questione più importante non è il cosiddetto “numeretto” in grado di far trovare il compromesso. È la natura di una manovra economica che viene definita espansiva, e quindi radicalmente diversa da quelle considerate “austere” degli anni precedenti, ma che nei fatti è solo assistenzialista e statalista. E, conseguentemente, non è per nulla in grado di far ripartire il Paese mettendolo in condizione di evitare i pericoli di recessione alle porte.

In caso di accordo con la Ue, Lega e Movimento 5 Stelle parleranno di successo sottolineando come l’intesa sarà stata raggiunta senza alcuna rinuncia ai punti sostanziali dei loro rispettivi programmi. Matteo Salvini alzerà la bandiera della Legge Fornero smantellata e Luigi Di Maio quella del reddito di cittadinanza confermato. Ma nella sostanza le modifiche al sistema pensionistico vedranno la luce con grande lentezza ed il tratto immediatamente percepibile della battaglia contro la povertà dei grillini diventerà l’assunzione di circa tremila addetti a quei centri per l’impiego che risulteranno essere centri di spesa pubblica passiva visto che gli impieghi da distribuire non esistono.

Chi pensa che una previsione del genere sia diretta a mettere in luce il fallimento del Governo di Giuseppe Conte, sbaglia. In realtà evitare la procedura d’infrazione sarà un buon risultato. Ma questo risultato non potrà nascondere che la manovra, sia pure in parte edulcorata ma sempre statalista ed assistenzialista, non sarà in grado di incidere in alcun modo sulla crisi e sarà servita solo a perpetuare per un altro anno lo stato di paralisi in cui versa l’economia e la società del nostro Paese.

Tanto cambiamento, quindi, per non cambiare nulla. Come sempre!