Sono temi identitari da sbandierare in campagna elettorale quelli messi in campo negli ultimi giorni dalle diverse componenti della maggioranza di governo. Renzi lancia lo sblocca cantieri emergenziale, Zingaretti lo ius soli, Di Maio il reddito minimo ed il conflitto d’interessi e Leu non lancia nulla perché non ha alcuna ragione di sottolineare una identità che ormai è tornata ad identificarsi con quella del Partito Democratico.
Tutto questo sbandieramento lascerebbe intendere che il voto anticipato sia ormai imminente. Come se Pd, M5S e Iv fossero ormai convinti che la ricerca di una “anima comune” del governo Conte sia impossibile e che l’unica strada per fermare il processo di logoramento dei partiti di maggioranza sia quella di chiudere l’esperienza dell’esecutivo giallorosso e di andare ad elezioni anticipate dirette alla cosiddetta riduzione del danno.
Ma questo schema ha un limite. Che è rappresentato paradossalmente dalla totale incapacità dei partiti governativi di elaborare un qualsiasi schema di comportamento. Si procede a tentoni, alla giornata. Una volta assicurando il massimo sostegno a Conte e ribadendo la ferma volontà di arrivare fino al termine della legislatura per non regalare la Presidenza della Repubblica alle “forze della reazione in agguato”. E la volta seguente, che è sempre immediata, esibendo con il massimo clamore i propri fattori identitari volti a marcare le differenze ed accentuare la concorrenzialità all’interno della coalizione.
Tanta schizofrenia non produce una accelerazione verso un qualsiasi chiarimento politico ma, al contrario, solo paralisi ed immobilismo. Con il governo che va avanti ma senza risolvere nulla ed ingarbugliando al massimo tutti gli scottanti dossier sul tappeto. Dall’ex Ilva all’Alitalia, dal Mose a tutte le infrastrutture che non partono, dalla ricostruzione delle zone terremotate bloccata a tutto il resto delle infinite questioni aperte a cui non viene data alcuna risposta.
Ipotizzare che possano essere i partiti di governo a rompere l’immobilismo è pura illusione. Ma in assenza di un qualsiasi segno di vitalità della maggioranza spetterebbe ad una autorità superiore il compito di suonare un campanello d’allarme.
E questa autorità è solo il Presidente della Repubblica. Che aspetta il Capo dello Stato Sergio Mattarella ad inviare un messaggio alle Camere per invocare una qualche forma di risveglio e di assunzione di responsabilità?