Si illude il Presidente della Repubblica quando pensa che basti indire le elezioni suppletive destinate a sostituire i consiglieri dimissionari o dimissionati del Consiglio superiore della magistratura per risolvere la questione sollevata dal caso Palamara. Ma si illudono anche i tanti che propongono come soluzione ancora più drastica e definitiva della vicenda lo scioglimento dell’attuale Csm e l’elezione di un nuovo organo di autogoverno dei magistrati.
Queste illusioni si basano sulla convinzione che sia sufficiente cambiare le persone per riattivare il sistema. Invece, il nodo da sciogliere è rappresentato proprio dal sistema. Che non è solo quello delle correnti divenute ormai da alcuni decenni le detentrici del potere all’interno della categoria dei magistrati, ma che è anche quello del processo di osmosi continuo tra toghe e la sinistra politica italiana iniziato proprio da quando le correnti hanno assunto il ruolo determinante ora venuto drammaticamente alla luce.
Il famoso trojan inserito nel cellulare di Luca Palamara ha fatto emergere non solo la lotta tra correnti, tra bande, tra singoli magistrati preoccupati della propria personale carriera ma anche, e soprattutto, il rapporto di interconnessione esclusivo e continuo tra i gruppi di potere della magistratura ed il maggiore partito della sinistra, un rapporto che non è una eredità solo della segreteria di Matteo Renzi, ma che va vanti senza soluzione di continuità dai tempi di Enrico Berlinguer fino a quelli attuali di Nicola Zingaretti.
Non c’è bisogno di citare nomi e date. Chiunque abbia un minimo di conoscenza delle vicende politiche e giudiziarie della storia repubblicana sa perfettamente che dal predominio della Dc sul mondo delle toghe dei due primi decenni del secondo dopoguerra si è passati ad una egemonia progressiva e totalizzante del principale partito della sinistra nei confronti della magistratura. Quest’ultima è stata per la riserva di personale politico qualificato del Pci, del Pds, del Pd e della sinistra democristiana. Secondo una prassi che si è perpetuata ininterrottamente anche durante gli anni dei governi di centrodestra del ventennio berlusconiano, anni in cui l’intera magistratura era schierata all’opposizione al fianco delle forze progressiste.
I trojan nel cellulare di Palamara, che probabilmente voleva essere un modo per frenare quella “discontinuità” nella gestione della Procura di Roma verso cui puntavano le correnti più contigue al Partito Democratico, è stata la bomba atomica che ha fatto saltare il coperchio su degenerazioni correntizie, interessi di gruppo e personali ed osmosi perenne tra toghe e sinistra.
Non saranno le suppletive o l’azzeramento del Csm a realizzare il cambiamento. Ci vorrebbe una vera riforma. Ma c’è qualcuno realmente convinto che la possa fare il povero e inadeguato Alfonso Bonafede?