Il taglio dei parlamentari , un caso di pavidità collettiva | Arturo Diaconale

26 Settembre 2019
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Si dice che il sistema maggioritario dovrebbe assicurare la stabilità dei governi mentre quello proporzionale la rappresentatività del corpo elettorale. Ma che assicura il taglio di duecentotrenta deputati e di centoquindici senatori? I partiti che fino ad ora hanno votato a favore della modifica costituzionale fortemente voluta dal Movimento Cinque Stelle, cioè la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, non hanno fornito una qualsiasi risposta all’interrogativo. Si sono limitati a subire la pressione dei grillini nella convinzione che non sarebbe stato popolare opporsi a quella che in cuor loro considerano una misura esclusivamente demagogica. Al tempo stesso, però, anche i partiti che nei tre passaggi parlamentari hanno votato contro, il Pd e Leu, non hanno mosso alcuna obiezione di principio al taglio di trecentoquindici parlamentari fermandosi semplicemente e rilevare come la riduzione potrebbe determinare degli squilibri nella formazione dei collegi e la necessità di rivedere la legge elettorale per evitare la scomparsa di senatori nelle regioni più piccole e una distorsione maggioritaria a vantaggio della Lega nei risultati delle future elezioni.

Questa assenza di obiezioni di principio avrà come conseguenza che i partiti fino ad ora contrari alla modifica costituzionale, Pd e Leu, non avranno alcuna difficoltà a cambiare posizione ed a votare a favore per evitare inciampi al governo giallo-rosso. E quelli che erano favorevoli, cioè le forze del centro destra, continueranno a votare a favore per non mettersi di traverso al presunto umore popolare.

La conseguenza sarà che la sola e reale motivazione alla modifica della Costituzione rimarrà quella indicata fin dall’inizio dal Movimento Cinque Stelle. Cioè il risparmio di cinquecento milioni sui costi delle assemblee parlamentari. Un risparmio che provocherà da un lato una riduzione drastica della rappresentatività del corpo elettorale con collegi che assumeranno dimensioni quasi simili a quelli delle elezioni europee in cui il rapporto tra elettore ed eletto è inesistente. E dall’altro uno spaventoso aumento dei costi elettorali visto che i candidati saranno costretti a triplicare le già alte spese per le loro campagne elettorali. A queste conseguenze si assommeranno quelle provocate dalla distorsione causata dall’attuale legge elettorale calibrata su collegi da settantamila elettori e non da centocinquantamila. Cioè la rappresentanza gonfiata per i partiti maggiori e la sostanziale eliminazione dal Parlamento dei partiti minori. Cioè la fine della rappresentatività del proporzionale unita ad una costante precarietà della governabilità del maggioritario.

Su chi ricadrà la responsabilità di un colpo così pesante alla democrazia rappresentativa? Solo alla demagogia dei grillini od anche (e soprattutto) alla pavidità imbecille delle altre forze politiche?