La causa primigenia del caso ex-Ilva | Arturo Diaconale

6 Novembre 2019
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Sono in tanti a dover comparire sul banco degli imputati nella vicenda ex Ilva. A partire dal gruppetto di parlamentari del M5S che dietro la minaccia alla stabilità dell’attuale governo hanno ottenuto la cancellazione della norma sulla cosiddetta immunità giudiziaria per gli amministratori dell’acciaieria, norma che insieme alla intransigenza dei magistrati di Taranto ha portato al rischio di chiusura dell’azienda siderurgica. Ma chiedere metaforicamente la testa di qualche demente e di chi si è piegato alle loro forsennatezze in nome della sopravvivenza del Conte-bis, servirebbe solo ad alimentare quella cultura giustizialista che crede di risolvere i problemi politici e sociali nelle aule dei tribunali con gli effetti ormai sempre più clamorosi e devastanti.

Più serio, invece, è individuare la causa primigenia del disastro in atto a Taranto. E stabilire non solo le responsabilità politiche e personali passate e presenti ma anche e soprattutto come questa causa primigenia possa essere affrontata e, possibilmente, risolta.

La causa in questione è la mancanza di una qualche politica industriale del paese, che risale alla fase delle privatizzazioni degli anni novanta, su cui si è innestata nei tempi più recenti la scelta di puntare sull’assistenza invece che sulla produzione, sul lavoro e sull’occupazione.

Indietro, ovviamente, non si può tornare. Anche se per mettere una toppa alla vicenda ex Ilva non manca chi propone di tornare alla nazionalizzazione dell’acciaio. Come se dopo aver dilapidato le grandi competenze accumulate nei cinquant’anni del secondo dopoguerra lo Stato fosse in grado di improvvisarsi imprenditore siderurgico in grado di competere con i giganti mondiali. Bisogna, invece, andare avanti. E per farlo non c’è altra strada che quella di invertire la rotta seguita fino ad ora decidendo di rinunciare all’assistenza degli ottanta euro, del reddito di cittadinanza, della quota cento e puntando a finalizzare tutte le risorse esistenti sulla produzione, sullo sviluppo, sul lavoro e sull’occupazione.

Vasto programma, come quello della lotta ai cretini? Niente affatto. Programma fin troppo realizzabile. A condizione che vengano messi nella condizione di non nuocere quelli che attraverso l’assistenza sono convinti di vincere le elezioni e di realizzare la decrescita felice. In fondo, se ci si pensa bene, è sempre lotta ai cretini !