La sinistra mediatica ed intellettuale del paese, quella che impazza sui grandi giornali ed in tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche delle principali emittenti del paese, pare afflitta da una grave forma di schizofrenia politica. Da un lato riconosce i difetti e le carenze del governo Conte bis retto sull’alleanza anomala tra Pd e M5S. E rileva che il governo in questione ha una maggioranza in Parlamento che non rispecchia la maggioranza esistente nella società italiana, che ha varato una manovra destinata solo ad aumentare la protesta popolare a causa del suo messaggio “più tasse, più spese”, che è formato da partiti litigiosi, preoccupati solo di distinguersi dagli altri per un bieco interesse elettoralistico e condannati a passare da una sconfitta all’altra. Dall’altro, però, questo profluvio di critiche che diventano fatalmente autocritiche e che presentano la vita pubblica nazionale come una sorta di psicoterapia di gruppo in cui ogni partecipante (rigorosamente di sinistra) ha qualche colpa oscura da confessare e da cui emendarsi, non riesce mai a giungere alla naturale conclusione. Cioè alla ammissione che l’esperimento del Conte-bis è fallito, che l’alleanza su cui poggia è innaturale e che, soprattutto, la sua sopravvivenza costituisce un danno sempre più grave ed irrimediabile per il paese.
La ragione di questa mancata presa d’atto della realtà non è più il timore che ammettere il fallimento significherebbe spianare la strada al centro destra trainato dall’“uomo nero” Matteo Salvini. La mobilitazione emergenziale contro il nuovo fascismo impersonificato dal leader leghista perde progressivamente vigore. L’opinione pubblica appare sempre più consapevole del carattere strumentale ed artificioso di questa operazione propagandistica. E, soprattutto, le aperture al dialogo di personaggi autorevoli come il Cardinal Ruini e Liliana Segre aprono la strada alla consapevolezza che il clima da guerra civile costruito da forze politiche minoritarie per rimanere ancorate alle posizioni di potere deve lasciare il posto ad una normale dialettica democratica tra forze politiche provviste della comune legittimazione costituzionale.
La mancata presa d’atto della realtà dipende dal rifiuto di ammettere l’esaurimento ormai definitivo della spinta propulsiva della propria storia. E non è un caso che i più restii ad accettare il fallimento siano i santoni mediatici ed intellettuali della sinistra. Che potrebbero mai fare senza quella rendita egemonica che assicura posti, prebende, visibilità senza bisogno di grandi meriti e di serie competenze?