La grande fuga del capo politico | Arturo Diaconale

23 Gennaio 2020
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Ma Luigi Di Maio si sarebbe mai dimesso da capo politico del Movimento Cinque Stelle se le previsioni di voto alle regionali in Emilia-Romagna ed in Calabria avessero indicato la tendenza dei grillini a conservare il 32 per cento dei suffragi ottenuto alle ultime elezioni politiche? La risposta è, ovviamente, negativa. Se il vento del consenso avesse soffiato ancora sulle vele della navicella di M5S, il povero Luigino non sarebbe stato  neppure sfiorato dall’idea di gettare la spugna e lasciare la direzione del movimento ad una gestione collegiale non meglio identificata.

Il capo politico esce di scena non perché stanco di continuare ad essere l’“uomo solo al comando” ma perché sa benissimo che le prossime elezioni forniranno la prova tangibile ed indiscutibile della crisi in atto del Movimento. E pensa che anticipare il trauma del suo ritiro possa aprire una discussione dentro l’area grillina destinata a nascondere i risultati devastanti che si prevedono nella serata di domenica prossima.

È molto difficile, però, che il chiodo delle dimissioni possa scacciare il chiodo della sconfitta elettorale. È più probabile, invece, che dimissioni e sconfitta si sommino provocando una esplosione dalle dimensioni incontenibili. Non solo per il Movimento, che potrebbe uscire totalmente distrutto dall’intreccio dei due fattori negativi. Ma anche per lo stesso Luigi Di Maio che, se mai avesse l’intenzione di risalire in sella in un momento successivo, difficilmente potrebbe convincere il popolo grillino che la sua è stata una mossa tattica per ridurre il danno elettorale e non una diserzione alla vigilia di una battaglia decisiva.

Agli occhi dell’opinione pubblica, infatti, il capo che si ritura a pochi giorni da un voto politicamente significativo  non è il soldato che fugge e che è buono per un’altra occasione ma è il generale che abbandona il suo posto di comando prima della battaglia per non assumersi la responsabilità della sicura sconfitta,

La sorte di Di Maio, quindi, è quella del generale che scappa e che non può essere riciclato ma va messo a riposo forzato.  Chissà se l’ormai ex capo politico ci ha pensato!