È comprensibile che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte rivendichi il merito dell’accordo con la Commissione Ue e cerchi di conquistare il proprio spazio vitale strappandolo mediaticamente ai suoi vicepresidenti abitualmente super-invadenti. Ma se per caso Conte pensasse che l’impresa di aver evitato la procedura d’infrazione europea gli abbia assicurato un ruolo almeno paritario rispetto a quelli di Matteo Salvini e Luigi Di Maio compirebbe un grave errore. In politica contano i rapporti di forza e da questo momento in poi i suoi vicepresidenti del Consiglio fino alle elezioni europee di maggio non faranno altro che compiere sempre più ricorrenti prove di forza l’uno a danno dell’altro e viceversa rimettendo il titolare di Palazzo Chigi nella posizione marginale avuta fino ad ora.
Se il triumvirato fosse paritario anche Conte avrebbe una forza politica alle spalle e potrebbe inserirsi nella partita tra il leader della Lega e quello del Movimento Cinque Stelle. Ma il Presidente del Consiglio non ha una rappresentanza da far valere ma solo un compito di mediatore, concordato tra le parti, da portare avanti. E se mai dovesse pensare di poter uscire dall’ambito ristretto che gli è stato assegnato lo farebbe a suo rischio e pericolo. Naturalmente la trattativa svolta con la Ue ha dato maggiore autorevolezza alla sua azione di mediatore. Tanto più che lo ha inserito oggettivamente in quel “Partito di Mattarella” che non ha un esercito alle spalle, ma ha una forza istituzionale in grado di bilanciare quella politica di Salvini e Di Maio.
Da oggi in poi, però, l’autorevolezza conquistata e la protezione del Colle acquisita serviranno a Conte solo ad evitare che la campagna elettorale dei due partiti alleati nel Governo ma concorrenti nel Paese possa avere effetti dirompenti. Una impresa niente affatto facile, soprattutto perché caduta la cortina fumogena della trattativa e della polemica con l’Unione europea, leghisti e grillini dovranno dimostrare all’opinione pubblica di essere in grado non solo di fare la campagna elettorale ma anche di affrontare e risolvere i problemi concreti del Paese. E, dopo aver presentato l’accordo con la Ue come una conquista vittoriosa, sarà difficile scaricare sull’Europa la responsabilità delle difficoltà che si incontrano quando si passa dalla propaganda mediatica alle soluzioni reali.