L’ipotesi di elezioni politiche nella primavera del prossimo anno non è più fantasiosa come appariva solo qualche settimana fa. A renderla concreta hanno contribuito le dimensioni del successo del centro destra e della sconfitta dei Cinque Stelle in Umbria. Tanto che ora tutti incominciano a pensare che se dopo l’Umbria rossa dovesse cadere anche l’Emilia-Romagna rossissima, il voto politico anticipato sarebbe l’ultimo tentativo del Pd di frenare l’emorragia di consensi che minaccia di dissanguarlo e la mossa disperata del M5S per impedire la propria totale dissoluzione.
Naturalmente l’ipotesi viene combattuta sia da molti dirigenti del Pd che da una parte dei vertici grillini. Franceschini e Bettini da un lato e Grillo e Fico dall’altro si battono non tanto per la prosecuzione dell’esperimento di alleanza tra i due partiti in nome di una futura nuova sinistra unita quanto per la conservazione più a lungo possibile della coalizione governativa all’insegna del principio andreottiano secondo cui tirare a campare e restare al potere è sempre meglio che tirare le cuoia andando all’opposizione. Con loro, per ovvi motivi, è schierato anche il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ufficialmente non ha un partito alle spalle ma che materialmente sembra essere l’espressione, come emerge dal caso sollevato dal Financial Times, di precisi interessi finanziari della curia vaticana di osservanza bergogliana. Non è detto che la protezione di cui Conte gode all’interno della Chiesa sia un punto di forza o possa diventare un elemento di debolezza del Presidente del Consiglio. Ma la consapevolezza che il Premier non è solo ma rappresenta, sia pure indirettamente e fino ad ora segretamente, un potere così incisivo in Italia come il Vaticano può favorire la resistenza di chi nel Pd e nel M5S vuole evitare il voto politico anticipato. Tanto più che contrari all’ipotesi di elezioni nella prossima primavera sono anche Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, uniti dalla comune necessità di prendere tempo per avere la possibilità l’uno di crescere e l’altro di resistere evitando un voto rovinoso per entrambi.
Ma interessi convergenti di forze politiche così disparate possono trovare un punto di coagulo per scongiurare il ricorso alle elezioni nel caso l’alleanza di governo venisse sconfitta anche in Emilia-Romagna? L’interrogativo trasforma il prossimo voto regionale nella battaglia decisiva per la sorte della legislatura ed il futuro del paese.