Bella e apodittica frase quella del Presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico, secondo cui “la scelta dei componenti del futuro Consiglio di Amministrazione della Rai è un banco di prova per la legislatura”. Bella, apodittica ma destinata a risolversi nella conferma che il bando di prova attuale sarà in tutto simile a quello delle passate legislature e che la scelta dei componenti dell’organo di controllo e di indirizzo dell’azienda del servizio pubblico radiotelevisivo avverrà con le stesse e identiche modalità seguite nel corso dell’intera storia dell’Italia repubblicana.
Non c’è bisogno di compiere difficili e complicate indagini per prendere atto che più si avvicina la data dell’elezione dei quattro componenti del Cda Rai di competenza di Camera e Senato e l’indicazione dei due consiglieri da parte del Governo, più si moltiplicano, si accavallano e si intrecciano le trattative tra le diverse forze politiche presenti in Parlamento. Tutte queste trattative non riguardano i nomi dei futuri consiglieri. Tale questione viene affrontata in seguito. Prima ancora della scelta delle persone c’è da definire l’equilibrio tra i partiti in termini di divisione (o, se vogliamo, spartizione) delle poltrone. A chi spetta l’Amministratore delegato, cioè il vero “padrone” dell’azienda? Al Movimento Cinque Stelle o alla Lega? E il Presidente? E tra i quattro consiglieri di nomina parlamentare dovrà figurare qualcuno riconducibile ai partiti d’opposizione oppure le forze di maggioranza decideranno di fare il pieno delle poltrone?
I nomi vengono dopo la risposta a questi interrogativi. Sicuramente dovranno essere scelti sulla base delle competenze indicate nei curricula dei candidati. Ma l’applicazione del criterio della competenza potrà scattare solo successivamente all’applicazione di quello della divisione politica. E, proprio per questa ragione, cioè della competenza che segue la politica e che alla politica è subordinata, ogni nome prescelto, anche quello più autonomo, indipendente e prestigioso, non potrà non essere etichettato come espressione di questo o quel partito.
Si tratterà della solita ripetizione delle vecchie pratiche lottizzatorie, quelle che il Presidente Fico vorrebbe evitare e cancellare? Niente affatto. È solo l’applicazione della democrazia rappresentativa e del rispetto di quel pluralismo sancito dalla Costituzione e da una infinità di sentenze della Corte costituzionale. Il problema, in ultima analisi, è il Parlamento democratico. Ed è singolare che a pensare di ignorarlo possa essere il Presidente della Camera!