L'Opinione delle Libertà | Arturo Diaconale - Part 11


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Redazione1 Ottobre 2019

Il Segretario di Stato Mike Pompeo è arrivato in Italia per capire da quale parte stia il nuovo governo di Giuseppe Conte. Con la Ue o con gli Usa sulla faccenda dei dazi? Con gli americani o con i cinesi nella questione delle tecnologie? Pompeo, che è di origini italiane, avrebbe potuto tranquillamente evitare un viaggio del genere. Perché non c’è bisogno del colloquio con l’attuale Presidente del Consiglio succeduto a se stesso alla guida di un governo totalmente diverso da quello precedente, per capire la posizione dell’Italia. E figuriamoci se sia necessario andare alla Farnesina dal neo-ministro degli Esteri Luigi Di Maio per avere una qualche rassicurazione sulle scelte di campo internazionali del nostro paese.

L’Italia rappresentata dall’attuale governo giallo-rosso è di qua e di la, di sopra e di sotto. È ovunque. Nella piena e completa fedeltà a quel motto dei secoli passati che ormai andrebbe inserito nella bandiera tricolore. Quello che recita “Franza o Spagna, purché se magna”. Conte, infatti, che pure è una creatura dell’Unione Europea, se si trova a parlare con il Presidente Trump si cala nella parte del suo lontano predecessore De Gasperi di fronte al Presidente Truman. È più atlantista di ogni atlantista. Al tempo stesso, però, se sale a Parigi o a Berlino a rendere l’omaggio dovuto del vassallo ai propri imperatori Macron e Merkel, si trasforma in europeista ferreo ed intransigente. Di qua e di la. Per fare in modo che gli Usa ci lascino vendere l’olio ed il parmigiano senza dazi a New York e la Ue ci consenta di aumentare il debito pubblico senza massacrarci con lo spread alle stelle. Figuriamoci poi Di Maio. Che è troppo impegnato a trasformare il palazzone bianco nato per ospitare il Partito Nazionale Fascista nella sede del Movimento Cinque Stelle per preoccuparsi di rassicurare Pompeo (ma fosse parente di quello liquidato da Giulio Cesare?) che stare dalla parte di Maduro ed accettare di entrare a far parte del piano di colonizzazione lanciato dalla Cina non comporta in alcun modo la fine dalla amicizia con gli Stati Uniti. Perché le ideologie sono superate. Come giustamente avevano stabilito gli antenati del “ Franza o Spagna….”.

Può essere che Pompeo sia venuto per parlare con Papa Francesco. Ma anche in questo caso che c’è venuto a fare? Solo per avere la conferma che per gli Stati Uniti il meno affidabile di tutti è proprio lui?

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Redazione30 Settembre 2019

La manovra economica che il governo si accinge a varare serve all’Europa ma non serve all’Italia. Garantisce alla Ue che il nostro paese è pienamente allineato all’asse franco-tedesco che guida il vecchio continente con sempre maggiori difficoltà ma non è in grado di realizzare quella scossa che appare sempre più urgente ed indispensabile per far ripartire in maniera stabile l’economia italiana.

La Ue ha favorito in ogni modo la nascita dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte ed assicura il massimo sostegno ala suo precario cammino. In cambio si aspetta che l’Italia non esca neppure di un millimetro dal percorso che le è stato assegnato e che esclude colpi di testa politici ed economici in grado di creare problemi aggiuntivi a quelli esistenti per gli attuali poteri europei.

Dall’Italia, in sostanza, la Ue pretende un comportamento obbediente e privo di acuti di alcun genere. E la manovra del governo giallo-rosso sembra pienamente rispondente a questa richiesta. Non prevede alcuna forzatura del patto di stabilità ma solo una serie di misure destinate ad alzare la pressione fiscale attraverso le aliquote differenziate dell’Iva ed i provvedimenti punitivi del contante, aumento che serve a finanziare l’assistenzialismo voluto congiuntamente dal Movimento Cinque Stelle e dal Partito Democratico.

La manovra, dunque, sarà una manovrina. In perfetta continuazione con quelle dei governi a guida di sinistra di Letta, Renzi e Gentiloni. Che non creerà fastidi all’Europa ma non risolverà in alcun modo i problemi italiani.

Questi ultimi, infatti, possono essere affrontati e risolto solo con misure traumatiche. Che possono essere o la patrimoniale dedicata all’abbattimento del debito o lo sforamento del patto di stabilità per interventi massici capaci di rilanciare l’economia. Ma che rimangono in piedi e si aggravano se si pensa di curarli con i pannicelli caldi che i poteri della Ue pretendono per non avere guai aggiuntivi rispetto a quelli già presenti.

Riflessioni del genere non sono sovraniste o antieuropee. Sono semplicemente ispirate al realismo. Quello che manca a Palazzo Chigi ed a Bruxelles!

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Redazione27 Settembre 2019

Il governo nato ufficialmente per evitare l’aumento dell’Iva si accinge ad intervenire  scegliendo fior da fiore i prodotti su cui l’Imposta per il Valore Aggiunto dovrà salire dal 10 per cento al 22 per cento. In questo modo Giuseppe Conte e tutti quelli che hanno voluto il governo giallo-rosso per evitare l’aumento dell’imposta potranno gloriarsi di aver raggiunto il risultato promesso ma l’Iva non aumentata nel suo complesso nasconderà tante Iva aumentate alla faccia di tutte le assicurazioni date all’opinione pubblica del paese.

La faccenda non è solo una autentica truffa ai danni dei cittadini, ma è anche una operazione destinata a provocare una serie di danni alle aziende dei prodotti sottoposti all’aumento dal 10 al 22 per cento ed una colossale distorsione del mercato interno.

I prodotti con l’Iva dimezzata saranno favoriti mentre quelli con l’Iva al 22 saranno duramente penalizzati.  Ma quale sarà il criterio con cui si stabilirà chi premiare e chi colpire? E chi sarà l’artefice di queste scelte?

Rispondere a tali quesiti al momento è impossibile. Si può ipotizzare che uno dei criteri potrà essere quello della demagogia ambientalista tanto in voga tra grillini gretini e cattolici integralisti. E gli altri criteri? Sulla base di quale regola verrà deciso quale settore bastonare e quale privilegiare? Si applicherà il principio della decimazione o quello del privilegio per gli amici e della aggressione per i nemici?

Se questa è la “svolta epocale” annunciata dal Presidente del Consiglio durante il suo recente viaggio a New York, bisogna incominciare a temere sulla natura democratica dell’attuale governo giallo-rosso. Nessuno nega la grande difficoltà di evitare un aumento generalizzato dell’Iva e mettere in piedi una manovra economica in grado di essere accettata dai tutori europei dell’esecutivo.

Ma tutte le difficoltà esistenti non possono giustificare i giochi delle tre carte, le truffe ammantate ipocritamente da motivi etici e le bastonature di aziende e di settori che non godono del consenso politicamente corretto ma che danno lavoro a larghe fasce di cittadini.

La misura da una, dieci e cento Iva diverse è da regime autoritario. Conte come Maduro?

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Redazione26 Settembre 2019

Si dice che il sistema maggioritario dovrebbe assicurare la stabilità dei governi mentre quello proporzionale la rappresentatività del corpo elettorale. Ma che assicura il taglio di duecentotrenta deputati e di centoquindici senatori? I partiti che fino ad ora hanno votato a favore della modifica costituzionale fortemente voluta dal Movimento Cinque Stelle, cioè la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, non hanno fornito una qualsiasi risposta all’interrogativo. Si sono limitati a subire la pressione dei grillini nella convinzione che non sarebbe stato popolare opporsi a quella che in cuor loro considerano una misura esclusivamente demagogica. Al tempo stesso, però, anche i partiti che nei tre passaggi parlamentari hanno votato contro, il Pd e Leu, non hanno mosso alcuna obiezione di principio al taglio di trecentoquindici parlamentari fermandosi semplicemente e rilevare come la riduzione potrebbe determinare degli squilibri nella formazione dei collegi e la necessità di rivedere la legge elettorale per evitare la scomparsa di senatori nelle regioni più piccole e una distorsione maggioritaria a vantaggio della Lega nei risultati delle future elezioni.

Questa assenza di obiezioni di principio avrà come conseguenza che i partiti fino ad ora contrari alla modifica costituzionale, Pd e Leu, non avranno alcuna difficoltà a cambiare posizione ed a votare a favore per evitare inciampi al governo giallo-rosso. E quelli che erano favorevoli, cioè le forze del centro destra, continueranno a votare a favore per non mettersi di traverso al presunto umore popolare.

La conseguenza sarà che la sola e reale motivazione alla modifica della Costituzione rimarrà quella indicata fin dall’inizio dal Movimento Cinque Stelle. Cioè il risparmio di cinquecento milioni sui costi delle assemblee parlamentari. Un risparmio che provocherà da un lato una riduzione drastica della rappresentatività del corpo elettorale con collegi che assumeranno dimensioni quasi simili a quelli delle elezioni europee in cui il rapporto tra elettore ed eletto è inesistente. E dall’altro uno spaventoso aumento dei costi elettorali visto che i candidati saranno costretti a triplicare le già alte spese per le loro campagne elettorali. A queste conseguenze si assommeranno quelle provocate dalla distorsione causata dall’attuale legge elettorale calibrata su collegi da settantamila elettori e non da centocinquantamila. Cioè la rappresentanza gonfiata per i partiti maggiori e la sostanziale eliminazione dal Parlamento dei partiti minori. Cioè la fine della rappresentatività del proporzionale unita ad una costante precarietà della governabilità del maggioritario.

Su chi ricadrà la responsabilità di un colpo così pesante alla democrazia rappresentativa? Solo alla demagogia dei grillini od anche (e soprattutto) alla pavidità imbecille delle altre forze politiche?

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Redazione25 Settembre 2019

Un mese, un mese solo di attesa. Ed i magistrati che il giorno stesso della nascita del nuovo partito di Matteo Renzi hanno avviato l’inchiesta sui finanziamenti alle Fondazioni create dall’ex premier, avrebbero evitato l’accusa di giustizia persecutoria ad orologeria. Ma tant’è. Ormai l’opinione pubblica italiana è talmente abituata a sospettare l’esistenza di interessi politici ed ideologici nelle iniziative delle Procure che la politicizzazione viene data per scontata. Come se l’uso politico della giustizia fosse ormai entrato a fare parte della Costituzione materiale e facesse parte integrante dei metodi e dei meccanismi della vita pubblica del paese.

Naturalmente indagare sulla provenienza dei finanziamenti ai potenti è più che legittimo. Anzi, dovrebbe diventare una prassi costante da applicare, magari ad opera dell’Anticorruzione, nei confronti di ogni soggetto politico. Perché finito il finanziamento pubblico dei partiti, qualsiasi organizzazione intenda partecipare alla vita pubblica non può fare a meno di raccogliere fondi per sostenere le proprie attività. E rendere trasparente questa raccolta sarebbe indispensabile per mettere in condizione i cittadini di compiere al meglio le proprie scelte.

Invece la legislazione attuale, segnata da vincoli facilmente aggirabili, sembra fatta apposta per rendere oscura la fase del finanziamento privato dei partiti. Il nodo centrale è quello del rapporto tra forze politiche e lobby. Cioè tra associazioni non riconosciute (i partiti) ed organismi privati che perseguono i propri interessi senza alcun tipo di riconoscimento o regolarizzazione sul piano giuridico.

I partiti, soprattutto quelli che si trovano al governo (ma le grandi lobby non dimenticano mai anche le forze d’opposizione che un giorno potrebbero entrare nella stanza dei bottoni), sono oggetto continuo delle attenzioni dei portatori di interessi che chiedono norme e provvedimenti a proprio vantaggio. È la normalità. Così come è assolutamente ricorrente che in cambio dei vantaggi si trovino formule di pagamento capaci di aggirare le ridicole norme sul finanziamento delle forze politiche. Ciò che è anormale è che tutti siano consapevoli che la corruzione passi attraverso questi buchi, che nessuno rilanci il tema del finanziamento pubblico e di una legge sulle lobby e che il controllo della magistratura non sia preventivo nei confronti di tutti i soggetti interessati ma sempre e soltanto successivo e sulla base di una qualsiasi opportunità politica.

Chi finanziava le Fondazioni di Renzi si aspettava riconoscenza. Ma anche chi finanzia Rousseau o qualsiasi organismo creato delle forze politiche per raccogliere fondi non lo fa per beneficenza. Anticorruzione per tutti!

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Redazione24 Settembre 2019

L’unico dato positivo del vertice di Malta sui migranti a cui hanno partecipato i ministri degli Interni italiano, francese, tedesco, finlandese e maltese è che non assisteremo più alle provocazioni delle navi Ong di fronte ai nostri porti con annessa propaganda piagnona e buonista dei media antisovranisti nostrani ed internazionali ed interventi a gamba tesa della magistratura creativa del nostro paese. D’ora in avanti, anche se l’accordo definitivo tra gli stati europei è ancora tutto da definire, le navi Ong non avranno alcun bisogno di mobilitare attori e personaggi famosi, fare da red carpet per politici in cerca di notorietà, richiamare tutti i giornalisti politicamente corretti delle Tv pubbliche e private per realizzare servizi su bambini e donne piangenti, utilizzare per la causa dell’accoglienza preti bergogliani ed associazioni clericali che campano sui profughi e sfruttare tutte le toghe non più rosse ma politicamente corrette della penisola. Il loro sarà un compito di semplice traghetto. Prenderanno i migranti all’uscita dei porti libici sulla base delle indicazioni dei mercanti di carne umana e li porteranno senza alcun tipo di intoppo e di problema nei porti spalancati della Sicilia e del Sud d’Italia.

La vera notizia giunta da Malta, dunque, non è quella di una intesa ancora da definire per quella “apertura epocale” da parte dell’Europa percepita solo dal Premier Giuseppe Conte in preda a chiara visione mistica. Ma è quella che  la tragedia ed il pathos sono finiti. E che alle navi Ong toccherà il compito dei semplici traghettatori al servizio degli stati europei. Senza aureole di bontà e con qualche problema di finanziamento visto che i soldi arrivano solo se c’è un dramma da sbandierare ed un governo sovranista da combattere.

Se l’afflato buonista che ha pervaso i media politicamente corretti durante i quattordici mesi dei “porti chiusi” fosse sincero, si potrebbe prevedere lo spostamento della “fabbrica del dramma” dalle navi ai centri di accoglienza. Che ora andranno riaperti, ristrutturati e resi dignitosi ed umani. Ma è facile immaginare che l’attenzione mediatica si sposterà solo nei posti dove finiranno i pochi migranti raccolti dalle Ong. Quelli che dopo quattro settimane dovrebbero essere distribuiti nei paesi che “volontariamente”  li richiederanno o inviati ai paesi d’origine che, però, fino ad ora non li hanno mai voluti. E tutti gli altri? Quelli che alla notizia della fine dei “porti chiusi” hanno incominciato a sbarcare in centinaia sulle spiagge meridionali certi di non avere nulla da perdere e tutto da guadagnare con l’arrivo in Italia?

L’accordo non chiuso non li prevede. Li considera dei fantasmi destinati a vagare con la speranza di poter risalire la penisola ed arrivare nella più ricca Europa continentale.

Sarà per questo che, accordo o non accordo, la Francia di Macron continua a blindare la frontiera di Ventimiglia?

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Redazione23 Settembre 2019

Il governo che ufficialmente è nato per scongiurare l’aumento dell’Iva ha come unico obiettivo di tassare i biglietti aerei, le merendine, le bibite gassose e non esclude affatto l’ipotesi di aumentare l’Iva sui beni che non sono utili ed educativi.

Non ci sono altri progetti concreti nell’agenda del Conte-bis. Solo tasse. Con una novità sostanziale che segna la vera natura dell’intesa tra Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico. Quest’ultimo, in nome della propria natura statalista ed assistenzialista, aveva stabilito che “tassare è bello”. Perché consente di redistribuire la ricchezza e mantenere lo stato burocratico-assistenziale. Il Movimento Cinque Stelle, confermando che la sua vera essenza è quella di essere una propaggine della sinistra, ha aggiunto alla tassa bella il principio espresso candidamente dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte della “tassa etica”. Cioè che le tasse non servono solo a ridistribuire la ricchezza e ad a tenere in piedi le strutture dello stato burocratico-assistenziale, ma debbono essere utilizzate anche e soprattutto per educare i cittadini ai principi etici di chi si trova al potere.

Nel vellicare l’esterofilia degli italiani i media truffaldini riportano che le tessa etiche sono già applicate nei paesi più avanzati. Negli Stati Uniti, in Germania, in Francia, in Svezia. Ma evitano accuratamente di rilevare che ad introdurre le tasse etiche in queste democrazie dell’Occidente sono stati i governo di sinistra, quelli che hanno fatto dello statalismo e del dirigismo illiberale il loro punto di riferimento irrinunciabile.

Il fatto che in Italia alla “tassa bella” si aggiunga “ la tassa etica” e che questo intreccio diventi il tratto caratterizzante ed unificante del governo giallo-rosso non è affatto un segno di innovazione. È la conferma che Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle hanno come minimo comun denominatore la loro comune natura illiberale e che i liberali veri sono obbligati a stare dalla parte opposta.

Le tasse belle ed etiche sono solo una forma più avanzata di oppressione sui cittadini. A cui per il momento si vuole ridurre il diritto al volo e ad alimentarsi secondo le proprie scelte. Ma che domani potrebbero essere tassati con l’aumento dell’Iva sui beni non etici sulla base di qualsiasi forsennatezza giri nella testa dei nazi-maoisti al governo.

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Redazione20 Settembre 2019

Non è solo un atto personalistico quello compiuto da Alessandro Di Battista come vuole credere il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per cercare di minimizzare la vicenda. È il segnale che per tutta la durata di questo governo il Movimento Cinque Stelle si muoverà sempre e comunque su due piani. Quello del governo, con Luigi Di Maio misurato, dialogante, attento a smussare angoli e questioni per evitare rotture che potrebbero portare prima tempo ad elezioni devastanti per i grillini. E quello del Movimento dove spetterà a Di Battista polemizzare con le diverse componenti della coalizione governativa per tenere sempre viva la fiammella dell’identità di una forza politica che rischia di essere soffocata dall’abbraccio mortale con la sinistra.

È possibile che questo schema da poliziotto buono-poliziotto cattivo, con Di Maio che fa la prima parte e con Di Battista che recita la seconda, sia stato concordato dai due. Ma anche se il gioco non fosse stato predisposto è del tutto scontato che dovrà diventare il tratto distintivo del M5S per il resto della legislatura. Perché tenere in piedi il governo Conte è l’unica alternativa ad elezioni anticipate destinate a segnare il ridimensionamento drastico del fenomeno grillino. Ma avere qualcuno incaricato a mantenere in vita la natura anti-sistema del movimento è il solo modo per impedire che le future elezioni, quando si terranno, possano segnare non il ridimensionamento ma la totale scomparsa della forza politica fondata da Beppe Grillo e Davide Casaleggio.

Durante il governo giallo-verde il vertice del M5S non aveva alcun bisogno di assumere questo aspetto da Giano bifronte. L’esecutivo rappresentava il punto di equilibrio di due partiti alternativi tra di loro ma uniti dalla comune vocazione anti-sistema. Non c’era alcun bisogno del poliziotto buono perché tutti, a partire dall’allora vice presidente del Consiglio Di Maio, erano calati nella parte del poliziotto cattivo. Ma il governo giallo-rosso segna l’incontro bizzarro e totalmente anomalo tra l’M5S anti-sistema e la sinistra che ormai da più di due decenni ha scelto di essere l’espressione massima del sistema stesso e della sua casta. Per cui, se i grillini non vogliono apparire al loro elettorato come dei traditori della propria natura, è necessario che Di Battista (o chi per lui) esibisca in continuazione il volto guerresco di Giano in contrapposizione a quello pacificatore che ha le sembianze di Di Maio.

Conte se ne faccia una ragione. Questo (e molto altro) è il prezzo che paga al suo attaccamento alla poltrona di Palazzo Chigi!

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Redazione19 Settembre 2019

Giuseppe Conte era abituato male. Per evitare inciampi e sgambetti in Parlamento su questioni controverse gli bastava trovare l’accordo con i suoi vice Di Maio e Salvini. Loro davano l’ordine ai rispettivi gruppi parlamentari e tutto filava liscio come l’olio. Perché leghisti e grillini avevano nei confronti dei rispettivi capi una obbedienza pronta, cieca ed assoluta. E non avrebbero mai osato trasgredirla per qualsiasi ragione. Figuriamoci quella di coscienza.

Per “Giuseppi”, però, ora la situazione è radicalmente cambiata. Nel M5S l’innaturale alleanza con il Pd ha provocato risentimenti che sono destinati a manifestarsi ogni qual volta un qualsiasi voto segreto in Parlamento consentirà ai risentiti di scagliare il sasso e nascondere la mano. Le tre sinistre, poi, dal Pd a Leu fino a Italia Viva, sono il terreno naturale di ogni forma di dissociazione, contrasto, polemica ed esercizio di fantasia per sgambetti e messaggi intimidatori nei confronti del governo in carica.

Il voto contro l’uso dei trojan e contro l’arresto del deputato Diego Sozzani è solo il primo anello di una catena che è destinata a segnare per intero il futuro percorso del Conte-bis. Il Presidente del Consiglio deve farsene una ragione. D’ora in avanti quando Matteo Renzi vorrà dargli una comunicazione a cui non si può dire di no e quando una qualche corrente del Pd o un gruppetto di dissidenti nascosti del M5S avranno il mal di pancia per provvedimenti non condivisi, le aule parlamentari diventeranno teatro di nuove punture di spillo, scivolate, ruzzoloni. Che non provocheranno un tonfo definitivo con annessa crisi di governo ma che serviranno a tenere sempre sulla corda il Premier ricordandogli che prima aveva a che fare solo con due personaggi difficili mentre adesso se la deve vedere con tanti fantasmi decisi a tormentarlo in continuazione fino al termine del suo mandato.

Della serie: ti è piaciuta la bicicletta? Adesso pedala!

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Redazione18 Settembre 2019

Il mago di tutte le alchimie trasformistiche in Parlamento, Dario Franceschini, ha già capito che l’unico modo per depotenziare Matteo Renzi e rendergli impossibile il disegno di essere il vero dominus del governo, è di creare al Senato un nucleo di responsabili in grado di bilanciare il pacchetto dei voti renziani. Bella idea! Ma dove prendere i senatori-cuscinetto pronti a sostituire quelli di Renzi quando l’ex Premier dovesse fare i capricci e minacciare di affondare il Conte-bis per imporre le proprie pretese in termini di posti o di linea politica?

Tutti guardano al bacino rappresentato da Forza Italia. Che un tempo era il partito accusato di comperare responsabili ed oggi è diventato il serbatoio dei disperati a cui attingere per acquisire responsabili. Al gruppo forzista del Senato, infatti, non guardano solo Franceschini, Zingaretti e Conte per mettere insieme la pattuglia destinata a bilanciare quella renziana ma anche Matteo Renzi che conta di allargare il numero dei suoi fedelissimi proprio pescando tra i fedeli di Silvio Berlusconi.

A stare alle voci che circolano a Palazzo Madama la più corteggiata sembra essere Mara Carfagna, che ha messo in piedi una corrente di forzisti anti-salviniani e che potrebbe essere chiamata a scegliere tra i responsabili di Franceschini e gli scissionisti allegri di Renzi.

È difficile stabilire l’attendibilità di queste voci. Così come è impossibile prevedere verso quale porto potrebbe approdare la scialuppa che fa capo alla Carfagna.

Ma è l’esistenza e l’insistenza di un simile chiacchiericcio che dimostra come Forza Italia abbia ormai perso la caratteristica di forza politica attiva per trasformarsi in una sorte di campo profughi dove i “caporali” di turno possono scegliere la manovalanza a basso costo.

Il dato dovrebbe spingere chi ha deciso le liste forziste di Senato e Camera mettendo insieme una massa di inaffidabili a seguire l’esempio dall’Ad di Atlantia Giovanni Castellucci e uscire definitivamente dalla scena politica. Ma siccome il cerchio magico berlusconiano non ha alcuna intenzione di togliersi di mezzo, il dato dovrebbe provocare una ondata di indignazione tra gli elettori di Forza Italia non disponibili ad avallare ogni tipo di operazione trasformistica di Palazzo.

Senza questa indignazione, è bene dirlo con chiarezza, Forza Italia è morta!